“Non vedo nemmeno una stella” dice piano quasi sussurrando.
Mi metto a sedere accanto a lui e alzo la testa verso il cielo puntellato di stelle. Sono piccole, ma abbastanza luminose per essere viste.
“Non capisco perché non ce ne sia nemmeno una” incalza. “Vengo qui tutte le notti, c’è la luna e di nuvole nemmeno l’ombra. Le stelle dove sono?”
E’ vero, Rafy viene qui tutte le sere sempre alla stessa ora, verso la mezzanotte, siede sotto il cipresso in riva al lago e aspetta. Aspetta che le stelle si mostrino, aspetta che ne cada almeno una per esprimere il suo desiderio.
Di stelle ce ne sono tante, ma lui non le vede. Mai. E’ come se i suoi occhi fossero coperti da un velo opaco e scuro che copre quei puntini luminosi e mostra il cielo più buio di quanto non sia. Non vede più nemmeno la chiarezza e la bellezza dei colori, non gode della luce del sole. Rafy si è spento.
Il mio stomaco protesta dalla tristezza nel pensare a quanto gli occhi del mio migliore amico una volta fossero così luminosi.
Una volta quando lei era ancora qui.
“Ti ricordi quando venivamo qui a contare le stelle?” chiede con l’ombra di un sorriso.
“Non riuscivi mai a tenerne il conto”
“Almeno io ci ho sempre provato, tu non ne hai mai voluto sapere niente” mi guarda di sbieco e poi cede ad un altro sospiro.
“E’ troppo dispersivo” mi giustifico
“Posso dirti un segreto?” chiede gentile e tranquillo.
“Certo”
“Ho provato a specchiarmi nel lago”
Anche quella è una cosa che ha sempre fatto, sin da bambino. Non ho mai capito cosa trovasse di tanto affascinante nel farlo. Una volta gliel’ho chiesto e sapete cosa mi ha risposto?
‘I laghi rivelano segreti che gli specchi sono troppo vigliacchi da mostrare’.
Per questo motivo, ora, sono preoccupato a chiedergli cosa abbia visto nella riflesso dell'acqua. Infondo lo so anche io.
“Co..Cosa ci hai visto nel tuo riflesso?”
Guarda dritto di fronte a sé. “La mia immagine... a metà”
“A metà?” chiedo un po’ confuso.
“Si a metà” stringe le ginocchia al petto “Non riesco a vedere l’altra parte”
“Rafy…” comincio, ma le parole mi muoiono sulle labbra.
“Non mi sto lamentando” dice sulla difensiva “Dico solo che non è giusto”
Fa un’espressione insofferente, poi affonda la testa tra le braccia incrociate sulle ginocchia.
“Non capisco perché non ce ne sia nemmeno una” sbotta.
Deglutisco e mi chiedo se sia o no il caso di dirgli che di stelle è pieno il cielo. Mi avvicino un po’ di più a lui fino a che le nostre spalle non si toccano. Se non so cosa dire per consolarlo, posso almeno dimostrargli che gli sono sempre accanto.
“Tu lo sai vero quale sarebbe il mio desiderio?”
“Si, certo che lo so”
“Vorrei che fosse qui, qui con me”
“Lo so”
“Potrei vedere le stelle e l’altra mia metà riflessa nel lago.”
Un alito di vento muove le foglie del cipresso e io rabbrivisco. Una piccola foglia cade proprio sulla mano di Rafy e lui la prende tra le dita. Tra il pollice e l’indice. La guarda, la rigira, la contempla, poi la poggia per terra accanto a sé, coprendola con una mano.
“Rafy” dico interrompendo un lungo silenzio “io ne vedo di stelle”
Si volta a guardarmi e mi sorride appena.
“Davvero?” è sereno, come se ne avesse sempre avuto il sospetto.
Prendo a fissarmi le mani.
“Ce ne sono tante” ammetto
“Puoi farmi un favore?”
Annuisco solamente.
“Puoi contarle per me?”
“Si”
“E se ne vedi una cadere…”
“Esprimerò un desiderio”